Afganistan ed il pericolo per i ragazzi e ragazze LGBT+
Purtroppo le cose dichiarate dai talebani contrastano con le notizie che arrivano dalla comunità LGBT+ del paese.
“…Era prevedibile…”
“…ce lo aspettavamo…”
“…se lo aspettavano tutti…”
Sono le frasi più comuni che sento da qualche giorno, per la precisione dalla presa di Kabul da parte dei talebani.
Questo saperlo prima, però, non sarà molto di aiuto alla generazione di persone LGBT+ nate, e cresciute, nel periodo in cui i talebani erano distanti dal potere del paese.
Ora che sono tornati, solo chi ha più di 25/30 anni sa cosa li aspetta: loro hanno vissuto parte delle loro vita, quando ancora i talebani erano al controllo, prima dell’intervento armato occidentale nel paese.
Per chi già viveva in Afganistan, ai tempi dei vecchi talebani, il terrore di allora si sta riproponendo: hanno voglia, i talebani, di fare i moderati davanti alle telecamere, dicendo che non vogliono più guerre né violenze nel loro paese… purché la gente segua la sharia. Per altro dire seguire la sharia ha poco senso di per sé, visto che loro interpretano, detta sharia, come meglio fa comodo.
Di certo i ragazzi, e le ragazze, della comunità LGBT+ non hanno che i racconti di chi ci è passato, ai tempi, sotto la pressione della sharia per gli omosessuali e lesbiche, per capire quali rischi correranno, da oggi in poi, se solo tenteranno di vivere la propria sessualità in modo apparente.
Le prime voci, dalle zone nord del paese, sono inquietanti: chiunque appartenga alla comunità LGBT+ sa che i gay vengono cercati casa per casa, con un assurdo rastrellamento senza pietà. Quelli che sono stati trovarti, nel migliore dei casi sono stati solo picchiati selvaggiamente, in altri casi più estremi, ma non certo estranei per i talebani, sono stati violentati ed uccisi secondo la metodologia, secondo loro, prevista dalla sharia stessa: lapidati a morte!
Di certo, i vari paesi che stanno operando i ponti aerei, per portare fuori dal paese le persone a rischio di vita, dovrebbero includere anche questa minoranza, tra le persone a rischio: gli omosessuali e le lesbiche del paese, sono praticamente dei morti che camminano nel senso che sanno che quando saranno presi, perché per loro non è una questione di se verranno catturati ma una questione di quando saranno catturati, che la loro sorte è praticamente già scritta: morte!
Che sia per pestaggio, o per lapidazione o in altre maniere, sanno che in un paese ove la sharia è legge, per loro non c’è un posto dove nascondersi e sopravvivere. Sanno che potranno essere venduti da conoscenti, parenti o sedicenti amici, per salvare la propria di pelle, né si può fare loro una colpa. del voler salvare la propria di pelle.
Che futuro avranno i ragazzi gay, e le ragazze lesbiche, in un paese in cui hanno vissuto, più o meno liberamente, sino alla settimana scorsa, per cui sanno che la propria sessualità è cosa nota ai più? I talebani di certo si sono ammodernati in questi vent’anni di assenza al comando, visto che il loro principale mezzo di ricerca sono proprio i social.
Non per niente stanno circolando manuali, più o meno corposi, sia fisicamente su carta, che in rete, in cui si spiega come fare a cancellare le proprie tracce digitali, sapendo che i talebani stanno usando proprio quelle tracce, per cercare loro ed anche altri soggetti, come chi ha collaborato con gli occidentali: traduttori, interpreti, assistenti medici ed infermieri che hanno lavorato negli ospedali americani, o di altri paesi della NATO; oppure persone che hanno fatto attivismo contro il talebani.
Di certo mi domando come abbiano potuto essere così poco previdenti: il fatto che, partiti gli stranieri, praticamente tutto il popolo afgano era più che certo che i talebani avrebbero ripreso il controllo del paese, perché allora usare i social per promuovere la propria diversità? Domanda che vale per i gay e le lesbiche, ma pure per gli attivisti.
Il sentimento comune, del popolo afgano, era che non c’è scampo dai talebani: una volta partiti gli occidentali, la stragrande maggioranza del popolo era sicura che avrebbero ripreso il potere; magari pensavano che sarebbe servito più tempo, ma comunque la certezza, che sarebbero tornati al potere, era una cosa più che palpabile tra gli abitanti del paese. Allora perché correre il rischi di essere individuati attraverso la rete?
Gli occidentali hanno importato insieme alla forzata democrazia anche la stupidità di pubblicare centinaia di foto, informazioni sulle proprie attività, particolari che era chiaro come il sole sarebbero state usate per incriminarli della violazione della sharia, una volta tornati, i talebani, al potere?
I talebani sono stati sinceri almeno su una cosa appena tornati al potere: «Non esisterà alcuna democrazia in questo paese: non è una cosa che la sharia prevede!» Allora mi domando: che senso ha creare un governo, un capo di stato, se tanto la democrazia non esisterà mai, per loro stessa ammissione?
Un’altra considerazione da fare: perché fare incetta di informazioni, attraverso i social, sulle varie minoranze da così tanto tempo, se non fossero stati già certi di tornare al potere un giorno? La scansione dei social, per trovare chi era da punire una volta tornati, è un indicazione di per sé, che erano certi già da tempo, che avrebbero ripreso il controllo del paese.
Come lo sapevano i talebani, in ogni caso, lo sapevano di certo anche gli afgani, allora perché correre il rischio di lasciare tracce sulle proprie diversità visto che sapevano, a priori, che proprio quelle diversità sarebbero diventate un bersaglio sulla loro schiena, una volta tornati i talebani al potere?
O meglio perché chi ha vissuto sotto i talebani, oltre vent’anni fa, non ha avvisato i giovani, che non ci avevano avuto mai a che fare, quali rischi stavano correndo, lasciando quelle tracce sulla rete? Chiaro non voglio dare la colpa alla vecchia generazione, ma di contro gli americani, e tutti i componenti dei contingenti NATO, sapevano che l’uso smodato dei social, se fossero tornati i talebani, sarebbe stato come una serie di briciole indicanti come, e dove, cercare i peccatori?
Al di là di chi sia più o meno colpevole, per non aver istruito le giovani generazione di attivisti, gay o lesbiche, resta il fatto che adesso queste persone sono tutte a rischio di morire in modi del tutto inumani, solo per essere ciò che sono.
Per quanto mi riguarda, sinceramente non saprei come aiutare nemmeno uno di loro! E questa cosa mi fa stare male: mi fa sentire impotente verso un destino tragico, che molti di loro non riusciranno ad evitare per quanto attenti, adesso, essi siano.
Spero che entità come Anonymous, e simili, stiano dando una mano a pulire la rete delle tracce di queste persone. In passato sono già intervenuti in situazioni di emergenza, e spero davvero che lo facciano anche questa volta: hanno le competenze, i mezzi, e potrebbero avere la volontà, di aiutare questi disgraziati che stanno rischiando la pelle, per il solo fatto di aver detto, o fatto qualcosa, in passato, di cui sia rimasto traccia su internet.
Sarebbe utile, inoltre, poter insegnare, a queste minoranze Afgane, anche ad usare metodi per proteggersi, se proprio vogliono continuare a far sapere al mondo cosa stia accadendo da loro: insegnare loro come usare sistemi di per pubblicare restando anonimi, sarebbe fondamentale per permettere loro di continuare a dare notizie sulle condizioni di vita nel loro paese, senza essere però rintracciati dal talebani e puniti per aver raccontato la verità che, chi è al potere, non vuole assolutamente si sappia in giro per il mondo.
I mezzi poter poter continuare a fare propaganda, e per informare il mondo su cosa accade davvero in Afganistan, senza per questo essere seguiti ed identificati esistono: bisogna solo insegnare loro quali, questi mezzi, siano e come usarli in modo sicuro.
Anonymous in questo potrebbe fare la differenza, tra la vita e la morte, per molti: attivisti, minoranze, gay e lesbiche, di questo paese martoriato ad oltranza da quel cancro che sono i talebani.
Se conoscete persone che hanno bisogno di aiuto, per imparare a muoversi su internet in modo sicuro, fateli mettere in contatto con me: nel mio piccolo farò quello che posso, per aiutare chiunque abbia bisogno di protezione in rete.
Purtroppo questa nuova generazione di afgani stanno avendo un brutto risveglio in questi giorni, e chiunque possa dare loro una mano, ha l’imperativo morale, quanto meno, di aiutarli indipendentemente da chi siano: attivisti per le libertà delle donne, per la libertà della comunità LGBT+, anche solo liberi pensatori: chiunque va aiutato, nei limiti delle nostre possibilità e conoscenze tecniche.
Dalle pagine de LaStampa, il giornalista Simone Alliva, riporta interviste fatte a giovani gay afgani, in questi giorni. Un esempio?
“Ci ammazzeranno a colpi di pietre. Ci lapideranno. Sai che vuol dire?”, denuncia Basir, 23enne che da giorni vive nascosto in un rifugio di Kabul. “In questo momento ci sono cinque talebani in cerchio con i fucili puntati verso il basso. Siamo cadaveri che si nascondono”, piange il 23enne afghano, che racconta quanto capitato al suo amico Alawi: “Gli hanno strappato l’anima. Si era molto avvicinato ad una persona ma non sapeva fosse un talebano, lo conosceva da tre settimane. È stato invitato a casa con la promessa che avrebbero lasciato l’Afghanistan insieme. Si è trovato davanti altre due persone, una di queste aveva una barba lunghissima da mullah. Prima lo hanno picchiato senza pietà, colpito sui reni, alla testa, ai polpacci, con il calcio del fucile e i bastoni. Poi è stato stuprato. Gli hanno chiesto il nome del padre. Volevano comunicare che aveva un figlio gay. Si è rifiutato. Hanno continuato a picchiarlo. Adesso non vuole palare, non vuole dire chi sono questi talebani. Lo controllano tramite social e da vivo, da qui, non scapperà mai“.
Questa è solo una delle tremende situazioni che i giovani omosessuali afgani stanno vivendo in questi giorni, e temo che più passerà il tempo e peggio sarà!
A tutti voi chiedo un pensiero per questi ragazzi e ragazze, affinché trovino un modo per sopravvivere, giorno per giorno, a questa tremenda pressione a cui sono sottoposti, ma soprattutto che i paesi dell’occidente facciano qualcosa per portarli via da quell’inferno, che potrà solo peggiorare con il passare del tempo.
JC